Il Rio Moscardo drena il versante occidentale del Monte Paularo (2043 m), nell’alta Carnia. La sua testata, denominata La Muse, è formata da un anfiteatro scosceso modellato in roccia intimamente fratturata. Un costante distacco di frammenti fini e grossolani, periodicamente incrementato da cedimenti più consistenti, ha formato un’estesa falda di detriti alla base delle pareti rocciose. Le litologie più frequenti sono rappresentate da argilliti, argilloscisti (slate), siliti e arenarie delle Formazioni del Hochwipfel e del Dimon, complessivamente note in letteratura come “Flysch ercinico” (Carbonifero).
Sono unità che hanno subito gli effetti delle compressioni orogenetiche erciniche (circa 300 milioni di anni fa) e di quelle alpine, iniziate circa 50 milioni di anni or sono e ancora in atto. Tra gli effetti dell’orogenesi alpina si segnala una superficie di scorrimento tettonico che corre lungo il corso stesso del rio intersecando la parete rocciosa che intorno a 2000 m delimita il bacino. La faglia ha prodotto una fascia di intima fatturazione delle rocce che ne ha aumentato l’instabilità.
La zona del crinale di spartiacque, situata alla sommità della parete scoscesa, mostra evidenti segni di incipiente cedimento. Lo testimonia una “trincea di deformazione gravitativa profonda”, anticipazione di un futuro potenziale crollo. È significativo, a tale proposito, osservare l’inconsueto aspetto della fascia di spartiacque che delimita il bacino del Rio Moscardo da quello del confinante Rio Cercevesa.
Contro un sottile diaframma roccioso si appoggiano le due testate dei rispettivi bacini. Un diaframma destinato a cedere sotto i colpi dei futuri collassi gravitativi attivi lungo la fascia dell’attuale displuvio, un tratto lungo quasi 2 km situato tra la Forcella Fontanafredda e il Monte Paularo.