La carta geologica: il body-scanner del territorio
Quarant’anni fa quando si parlava di territorio sorgeva spontaneo associare vocaboli quali urbanizzazione, viabilità, agricoltura, paesaggio, geografia, turismo. Solo quarant’anni dopo, quello stesso termine evoca concetti e contenuti per quei tempi impensabili. Oggi è diventato logico, scontato ed immediato il richiamo a sostantivi che sottolineano un’evoluzione radicale nel modo di considerare l’oggetto sul quale fondiamo la nostra intera esistenza. Nel bene e nel male.
Attualmente la parola ‘territorio’ evoca sostantivi come ambiente, pericolosità, vulnerabilità, rischio, vincoli, salvaguardia, sfruttamento programmato, discariche, stoccaggio, tutela, valorizzazione, sviluppo sostenibile. L’accresciuto interesse per il territorio necessariamente è passato e passa attraverso una sempre più approfondita conoscenza dei suoi caratteri naturali. La geologia riassume e descrive gran parte di tali aspetti e le carte geologiche ne rappresentano la sintesi.
Le carte geologiche sono sempre unite, in un binomio indissolubile, alle carte topografiche. Queste ultime costituiscono la base tridimensionale sulla quale si appoggiano e letteralmente si spalmano le informazioni geologiche. Mentre la topografia descrive la forma del territorio, la geologia ne individua la sostanza. La topografia – che è in grado di rappresentare l’aspetto in 3D di una qualsiasi area – potrebbe essere paragonata a… una vostra foto-tessera. Proseguendo col paragone, la geologia di quella stessa area equivarrebbe al vostro profilo psicologico e attitudinale.
L’evoluzione culturale di una popolazione passa anche attraverso il saper leggere linguaggi cartografici un tempo riservati ad esperti. Avvenne così per le carte stradali. Il passo successivo fu la lettura delle carte topografiche, d’uso sempre più comune e ormai diffuse capillarmente tra gli escursionisti (un tempo – i soliti quarant’anni fa! – sarebbe stato impensabile). Oggi tocca alla geologia e ai suoi particolari prodotti: le carte geologiche.
E’ il logico passo verso una conoscenza del territorio diffusa e sempre più approfondita. Sono tappe progressive che si avvalgono dell’acquisita confidenza con linguaggi simbolici (colori, segni, schemi, legende) capaci di riassumere e rappresentare i caratteri di un’area nello spazio di un foglio o di una schermata di computer o ipod. L’evoluzione della specie: carte stradali, carte topografiche, carte geologiche! Ogni successivo passo non ha mai perso le conquiste dei precedenti e anzi, di volta in volta, ha saputo arricchirle con nuove informazioni.
Le carte geologiche - con le sezioni geologiche, loro figlie dirette – forniscono una speciale forma di radiografia pellicolare del territorio. Rappresentano una sorta di body-scanner geologico applicato alle aree emerse (e sommerse) della Terra.
Questo, senza mai dimenticare che possono essere evidenziati anche i modellamenti erosivi (orli di frana e di circo glaciale, le scarpate fluviali), del resto già percepibili “leggendo” la base topografica.
La carta geologica potrebbe dunque essere paragonata ad uno spartito musicale: tanto l’uno quanto l’altra sono realizzati utilizzando simboli e artifici grafici in grado di materializzare significati che si appoggiano al trascorrere del tempo (Fig. 1). Pochissimi sono in grado di leggere i complessi spartiti di un’opera lirica e al tempo stesso “percepire la musica che esce dai fogli”.
Eppure, quella stessa aria operistica può essere semplificata e trasformata in un motivo che chiunque riesce a fischiettare. Sempre più spesso leggere una carta geologica in modo speditivo (in un certo senso… “fischiettare le melodie del territorio”) risulta utile a soggetti di varia estrazione. Dall’escursionista evoluto in cerca di stimoli ambientali, al tecnico comunale digiuno di geologia ma interessato a scorgere nei caratteri naturali degli elementi utili a suggerire le corrette scelte operative.
Quanto segue si prefigge di alfabetizzare il lettore predisponendolo alla fruizione (semplice e speditiva) delle carte geologiche, troppo spesso considerate – a torto – un prodotto riservato ai soli esperti del settore. Le più interessanti (e complesse) carte di questo tipo sono quelle che rappresentano i territori montani formati da successioni rocciose sedimentarie deformate da pieghe e faglie. Una consistente parte delle Alpi e degli Appennini, per intenderci. A queste carte si farà implicito riferimento nel capitolo che segue.
Potrà risultare utile tener presente che settori simili hanno attraversato, nella loro storia geologica, tre importanti tappe evolutive. Ogni tappa ha generato un proprio insieme di effetti e tutti, nel tempo, si sono sovrapposti sul medesimo, enorme volume roccioso (Fig. 2).
Gli effetti iniziali, leggibili negli immensi archivi di pietra, sono quelli relativi al SI FORMA (l’accumulo e la costruzione fisica dei livelli sedimentari e/o vulcanici); in seguito ad essi si sono sovrapposti, senza cancellare i precedenti!, quelli riferibili al SI DEFORMA (le distorsioni e rotture dovute ai movimenti crostali). Infine il tutto è stato scolpito e cesellato da quelli attribuibili al SI MODELLA (i risultati delle erosioni e alterazioni chimico-fisiche operate da acque, ghiacci e vento).
Strategie per leggere (speditivamente) una carta geologica
Le informazioni racchiuse e condensate nelle carte geologiche sono rappresentate da tre tipi di dati: areali, lineari e puntiformi (Fig. 3).
Tutti insieme formano un mosaico in grado di descrivere la natura geologica del territorio. Vediamo più in dettaglio le tre tipologie, per poi cercare di riconoscerle sulla carta, comprendendone il senso: è questo il nostro obiettivo.
- I dati areali sono le zone colorate della carta che, con l’aiuto della legenda, ci informano quando il tipo di roccia cambia e, con esso, i suoi caratteri (Fig. 4). Una breve digressione. Nelle carte geologiche le aree a colori vivi si alternano o sono interrotte da zone con colori chiarissimi e dai contorni molto irregolari. Queste ultime sono le cosiddette ‘coperture’. Sono i depositi recenti che, per l’appunto, coprono le rocce del substrato. Depositi che, a seconda dei casi, possono essere i detriti accumulati alla base delle pareti rocciose fratturate, le ghiaie e sabbie depositate dai torrenti lungo i fondivalle, o anche i residui della coltre morenica abbandonata durante l’ultima glaciazione.
- I dati lineari racchiudono almeno due grandi tipi di informazione: a) i limiti originari (detti stratigrafici) tra pacchi di rocce diversi che in carta sono segnati con colore differente; b) le faglie, date da superfici di rottura del volume roccioso con spostamento reciproco dei due lembi. A questi due insiemi di dati si aggiungono inoltre le informazioni sulle grandi pieghe, non trattate in questa sede.
Le linee disegnate in carta sono in realtà dei piani. Hanno origine varia (stratigrafica-SI FORMA o tettonica-SI DEFORMA) e ‘sbucano’ in superficie dalle profondità dell’ammasso roccioso. Dunque, ogni linea non è altro che l’intersezione di un piano geologico con la superficie del terreno.
Il risultato dell’intersezione può produrre linee con andamenti regolari o… molto complicati! Sono proprio questi ultimi a generare confusione. In carta l’andamento complesso di una linea – che in profondità, ricordiamolo sempre, è un piano! – è quasi sempre dovuto all’ “effetto pandoro”! Osservate la Fig. 5 e, sotto Natale, fate anche voi la prova.
Un rilievo roccioso tondeggiante ha la forma di un panettone. Se col tempo le erosioni ne scavano i versanti, finiranno per produrre delle incisioni. E il panettone si trasformerà lentamente in pandoro. Immaginiamo ora che il volume roccioso (il nostro rilievo) contenga un piano di faglia oppure un passaggio originario (stratigrafico) tra due differenti pacchi di rocce.
Col procedere dello smantellamento erosivo l’assetto di quel piano rimarrà per forza lo stesso, anche se – e qui sta il punto! – cambierà la sua linea di intersezione… col mondo esterno. Si potrebbe sintetizzare: “Più pandoro più confusione”. Saperlo non elimina il problema, ma almeno ne fa comprendere i presupposti.
Ecco una regola da memorizzare per “leggere” rapidamente le faglie in carta (Fig. 6). I simboli delle faglie distensive, i ‘trattini a pettine’ si appoggiano sempre sul lato che si è abbassato; i simboli delle faglie compressive, i ‘triangoli’, si appoggiano sempre sul lato che si è sollevato. Una precisazione per queste ultime faglie: i triangoli pieni individuano solitamente dei piani a debole inclinazione o sviluppo orizzontale, i cosiddetti accavallamenti; i triangoli vuoti, al contrario, indicano piani a medio-alta inclinazione (in media intorno a 60°), le cosiddette faglie inverse.
- I dati puntiformi raggruppano invece tanto le informazioni sulle stratificazioni – i cosiddetti assetti o giaciture (Fig. 7) – quanto quelle sulle piccole pieghe. I rispettivi simboli sono in grado di visualizzare con semplici artifici grafici le relative orientazioni e inclinazioni misurate sul territorio. In poche parole, ‘leggendo’ un settore qualsiasi di una carta geologica non solo veniamo a conoscenza del tipo di rocce che vi affiora, della loro età, dell’ambiente in cui si sono formate, ma anche di come quegli stessi strati sono stati variamente inclinati grazie alle spinte crostali (Fig. 7).
Le informazioni a matrioska delle carte geologiche
Si potrebbe dire che una carta geologica non nasce mai da sola. La sua comprensione, tanto da parte degli esperti quanto dei non geologi, passa per una serie di informazioni che circondano la carta stessa e che, non a caso, fanno parte degli ‘elementi a cornice’ (Fig. 8). Questi sono presenti in ogni carta geologica che si rispetti. Senza di loro la carta in sé sarebbe solo un insieme di colori e linee, significativo al massimo per una galleria d’arte moderna. I contenuti degli ‘elementi a cornice’ si integrano a vicenda e al tempo stesso rimandano a quelli della carta, completandoli. Il complesso intreccio… a matrioska delle numerose informazioni prodotte – forse non mi crederete – semplifica e aiuta la comprensione del tutto.
Tra gli ‘elementi a cornice’ è di fondamentale importanza la ‘legenda’. In essa si collocano soprattutto le informazioni inerenti al SI FORMA, ossia i caratteri che la successione rocciosa ha acquisito nel tempo durante la propria costruzione (cfr. Fig. 4). Inoltre, un settore particolare della stessa ‘legenda’ è sempre riservato alle informazioni riguardanti SI DEFORMA. Queste ultime descrivono le strutture (pieghe e faglie) che hanno scomposto e rimescolato l’ordine iniziale del volume roccioso, un tempo assimilabile ad un enorme e potente prisma orizzontale. Accanto ad esse sono codificati anche gli effetti sulla stratificazione che, un tempo orizzontale, spesso si presenta variamente inclinata, fino a verticale e in certi casi addirittura rovesciata! Sono le cosiddette giaciture (dette anche pendenze o assetti della stratificazione) che, raccolte in innumerevoli punti del territorio, ne rivelano l’anatomia (cfr. Fig. 7).
Tra gli ‘elementi a cornice’ lo ‘schema tettonico’ (Fig. 9) può considerarsi una sorta di riassunto della carta geologica. La riproduce in scala ridotta, eliminando le faglie secondarie ed enfatizzando quelle più importanti. E’ utile perché fornisce uno sguardo d’insieme semplificato e di facile lettura, anche se non tutte le carte geologiche ne riportano uno.
Un ruolo significativo è rivestito dallo ‘schema stratigrafico’ (Fig. 10). Quasi sempre è costruito utilizzando due variabili: in ascissa lo spazio (le località della carta), e in ordinata il tempo (con la presenza o assenza dei singoli gruppi di rocce). E’ in grado di mostrare a colpo d’occhio le aree dove, col passare del tempo geologico (salendo nello schema), si sono avuti cambiamenti di roccia, oppure erosioni e assenze di deposizione (le ‘lacune’), nonché le successive riprese della sedimentazione. Questo tipo di schema però non è in grado di fornire graficamente lo spessore dei singoli gruppi di rocce. In alcuni casi, si ovvia alla mancanza riportando i valori in metri direttamente sui colori delle unità.
Come ultime, ma non per importanza, troviamo le ‘sezioni geologiche’ (Figg. 11 e 7). Nelle ‘sezioni geologiche’ l’insieme dei simboli grafici della carta si trasforma in qualcosa di perfettamente comprensibile. Le ‘sezioni geologiche’ sono il territorio tagliato a fette e percepito nella sua fisicità. Hanno i loro limiti: sono spaccati a due sole dimensioni e sono realizzate con un innegabile grado di interpretazione che aumenta scendendo in profondità.
Le può disegnare solo il geologo, basandosi su dati di superficie integrati con quelli ricavati da eventuali pozzi, sondaggi e gallerie. Naturalmente, senza la carta geologica non si possono ottenere le ‘sezioni geologiche’. Come dire: “Senza spartiti… niente musica!”.
Concludo queste brevissime indicazioni con un consiglio. Chi non è geologo non cerchi di appropriarsi dei complessi significati di un’intera carta geologica, tentando di leggerla ‘tutta in una volta’. Sarebbe un’impresa impossibile. Lo potrebbe fare, e con successo, qualora incontri una carta semplificata, magari ad uso escursionistico. Al contrario, con un po’ di esperienza e forse anche tenendo conto di quanto avete appena appreso da questa sintetica nota, non sarà più tanto difficile leggere gli ‘schemi tettonici’, sintetici per natura.
Nonostante queste ovvie limitazioni, confido che la lettura di piccoli settori di una qualsiasi carta geologica (cfr. Fig. 7) – due-tre poligoni colorati più due-tre faglie che li intersecano o delimitano – dovrebbe comunque iniziare ad apparire più comprensibile e decifrabile.
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