Grimaldelli didattici nelle Scienze della Terra
Le riflessioni che seguono scaturiscono da un’esperienza maturata in otto anni di docenza presso la SSIS di Bologna, da un impegno quasi trentennale nella didattica dei corsi di laurea in Scienze Geologiche e Scienze Naturali, dalla frequente didattica praticata direttamente sul territorio a soggetti di varia estrazione, tanto extra-scolastica quanto e soprattutto scolastica, con una particolare attenzione al segmento della media superiore e del triennio di base dell’università, nonché da una attività decennale di divulgazione delle Scienze della Terra, sviluppata attraverso volumi, conferenze, mostre, seminari e corsi di aggiornamento per insegnanti.
Questo contributo prende inizialmente in considerazione le ragioni che inducono un generale scarso interesse per le Scienze della Terra nel comparto scolastico della scuola superiore. Partendo dall’individuazione delle cause si cercherà di proporre i potenziali interventi utili, nelle intenzioni, ad invertire la tendenza. Si tratta di rimedi strutturali che cercano di agire in due direzioni specifiche, parallele e contemporanee: il percorso didattico e le strategie funzionali all’apprendimento.
Tra gli studenti della scuola superiore le cause di demotivazione nei confronti delle Scienze della Terra s.l. sono molteplici. Possono dare luogo ad atteggiamenti compresi dallo scarso interesse al rifiuto passivo. Quest’ultima tendenza in genere è più una prerogativa degli istituti professionali e, subito dopo, di quelli tecnici, con le debite eccezioni prodotte da alcune nicchie di eccellenza. In questi contesti i contenuti stessi della materia, la cui assimilazione si basa sulla memorizzazione di processi e oggetti astratti e non tangibili, sono percepiti come scollegati dalla realtà contingente, oltre ad apparire decisamente secondari e per nulla importanti rispetto alle finalità professionali. Passando ai licei è sensazione comune che la Geologia, relegata tra le materie minori, sia frequentemente considerata dagli studenti, meno drasticamente e più banalmente, come “pesante e noiosa”. Anche qui con le dovute eccezioni, che in questo segmento scolastico diventano a tratti numerose.
Le ragioni di tali giudizi sono sovente imputabili, in prima battuta, ai libri di testo e, in minor misura, ai due soggetti coinvolti nella filiera scolastica, discenti e docenti, con motivazioni ovviamente differenti ma che spesso amplificano gli effetti negativi. Considerando che il libro di testo funge quasi sempre da indispensabile traccia per le spiegazioni in aula, e da necessaria guida per l’apprendimento e lo studio a casa (sempre più scarso), è scontato che finisca per imporre il proprio metodo nella trasmissione della conoscenza, nel bene e – più spesso di quanto si pensi – nel male. La valutazione del libro di testo si rivela dunque il punto di partenza dell’analisi. Possono essere vari e diversificati i suoi fattori negativi, ma sempre capaci di ripercuotersi sia sull’interesse suscitato per la materia sia, cosa altrettanto devastante, sulle incapacità di rendere i contenuti della stessa concettualmente collegati in un insieme olistico, requisito fondamentale per questo insegnamento.
Tra i libri di testo per la scuola superiore dedicati alle Scienze della Terra la più diffusa carenza sembra riguardare la strutturazione del percorso didattico. Iniziare, come ancora spesso si osserva, con l’esame dei minerali, per poi passare ai tipi di rocce e da queste alla cronostratigrafia, con la successione di ere e periodi, è il modo migliore per allontanare gli studenti dallo studio della Geologia spegnendone i potenziali interessi. Nella percezione collettiva della classe la materia sarà inquadrata come meramente descrittiva e priva di stimoli. Un secondo aspetto negativo, ancora riferito all’impostazione del percorso didattico e corollario di quello appena enunciato, riguarda la collocazione della teoria della Tettonica delle Placche che spesso risulta relegata a metà o verso il termine del complessivo programma di studio.
La conseguenza che ne deriva è che la teoria stessa (se le scarse ore a disposizione consentono di trattarla) si configura come un argomento a sé stante che perde totalmente la propria valenza di paradigma unificante. Carattere questo che, invece, dovrebbe essere capace di giustificare tanto lo sviluppo quanto la localizzazione di un’infinità di processi crostali, di differenze ambientali, di effetti sedimentari, deformativi e morfologici, nonché, in una certa misura, anche di tipo climatico. Quegli stessi processi che di fatto, con le loro dirette conseguenze, rappresentano il nucleo fondante dei contenuti del corso: vulcanismo, atmosfera e sviluppo della vita, erosione e deposizione, orogenesi, ambienti e loro evoluzione, rischi e risorse.
Dovendo, per traslato, spiegare a chi non ne ha mai sentito parlare, il funzionamento di un motore a scoppio, sarebbe fuorviante e deleterio cominciare col definire le proprietà dei materiali utilizzati per costruirlo, passando poi alla descrizione minuziosa dei singoli elementi – cilindri, pistoni, candele, albero a camme, biella, ventola di raffreddamento… – e così di seguito. Per mostrare infine, solo dopo una serie di noiosi interventi, l’effetto di conversione dell’energia in movimento, le evoluzioni connesse ai rapidi movimenti delle ruote, l’accelerazione improvvisa e i suoi effetti.
Tutto giusto, tutto corretto, ma con un simile “percorso didattico” chi sarebbe propenso ad ascoltare altre spiegazioni, a dimostrarsi interessato e pronto a memorizzare nozioni e concetti? Chi, in altre parole, si appassionerebbe all’argomento? Credo in pochi. Eppure, se quelle stesse informazioni fossero distribuite …al contrario, anche l’effetto su chi le riceve potrebbe rovesciarsi.
Da questa similitudine si ricavano gli obiettivi principali da perseguire nelle lezioni del corso di Geologia: primo-incuriosire, secondo-appassionare, terzo-interessare, in un crescendo scientifico. Allo stato attuale non sembra essere questo il risultato modale ottenuto nelle scuole superiori nel campo delle Scienze della Terra, perlomeno valutando i riscontri prodotti. Per interessare e coinvolgere occorre dunque seguire un giusto percorso didattico, che appassioni e al tempo stesso produca voglia di proseguire sulla strada della conoscenza.
Da ciò – indirettamente, ma per logica conseguenza – finirà per scaturire un valore aggiunto: la sensibilizzazione nei confronti dell’ambiente e la propensione a scelte e comportamenti virtuosi, condotti nella direzione della mitigazione dei rischi e dello sviluppo sostenibile.
Altri fattori negativi presenti spesso nei libri di testo possono essere la tendenza a un’eccessiva verbosità e la trattazione degli argomenti che procede per comparti stagni. Inoltre, associata alla prima delle due carenze, si può riscontrare anche una certa mancanza di organizzazione gerarchica delle numerose informazioni. Quest’ultimo aspetto è una sorta di virus che trova terreno fertile tanto nei libri di testo quanto nel modo di trasmettere i contenuti durante le lezioni frontali.
Le sue ripercussioni più subdole si riflettono sugli studenti in modi e tempi differenti: nel momento dell’ascolto, in classe, e nel momento dell’organizzazione e assimilazione del sapere acquisito, a casa. La conseguenza più diretta è la mancanza dell’elaborazione di un metodo di studio efficace. Sarà questo un altro punto caratterizzante di questo contributo: la necessità di gerarchizzare il sapere nelle Scienze della Terra al fine di produrre memorizzazione e collegamenti concettuali.
Parallelamente alla corretta scelta del percorso didattico, un’attenzione altrettanto consapevole dovrebbe essere rivolta alle strategie che semplificano i processi di apprendimento. A queste fa riferimento, in particolare, il titolo di questa nota. Partendo dalla realistica percezione che oltre il 90% di tutto quanto ci circonda, che osserviamo, tocchiamo e utilizziamo nella nostra quotidianità, è un derivato geologico (risorse), al tempo stesso siamo tutti consci che dalla Geologia ci giungono, periodicamente, anche le grandi catastrofi (rischi). Alluvioni, frane, eruzioni con emissioni laviche, gassose, di ceneri e lapilli, terremoti e maremoti, radiazioni isotopiche… Queste stesse catastrofi sono classificate tali solo se rapportate al danno che possono produrre sull’Uomo e sulle strutture da lui realizzate. Differentemente le catastrofi, viste nella loro essenza, sono tutte riconducibili, senza distinzione, alla normalità di quel dinamismo che è parte integrante del Sistema Terra.
Conoscendo la spiccata propensione al “catastrofico” insita nella fascia di età scolare (dalle elementari fino all’università …e oltre!) risulta vantaggioso servirsene in Geologia per il primo
obiettivo da raggiungere: quello di incuriosire. Ogni tipo di catastrofe è capace di aprire un varco nell’attenzione degli studenti. La catastrofe va usata come una sorta di spugna che all’inizio si imbeve di semplice adrenalina e poi si presta ad assorbire ogni cosa con cui viene a contatto.
A questo punto non sarà difficile mantenere alto l’interesse parlando del perché si è sviluppato quel dato fenomeno, del come ha potuto innescarsi il processo e col concorso di quali variabili, del quando se ne prevede la replica, del cosa si potrà fare per mitigare il rischio futuro, delle possibilità o meno che si possa prevedere dove qualcosa di simile, vicino a noi, potrebbe accadere, e su quali basi si fondano le risposte che diamo… e così di seguito. Credetemi, ogni argomento previsto nel corso di Geologia (Scienze della Terra) – e trattato a valle della teoria della Tettonica delle Placche – ha le proprie catastrofi. Tutte archiviate e rintracciabili anche su Internet.
In questo contributo saranno valutati alcuni esempi che al loro manifestarsi produssero grandi impatti emotivi e che oggi sono ormai entrati nell’immaginario collettivo, ognuno come emblema di un fenomeno particolare. Di essi sarà esaminata la specifica valenza nel contesto del programma scolastico e valutato il loro utilizzo come grimaldello didattico capace di suscitare curiosità, attenzione e, cosa fondamentale, interesse, il motore primo della memorizzazione.
Lo stesso lato catastrofico, se osservato con distacco, è capace di suscitare grande meraviglia. Basti pensare alle eruzioni vulcaniche, al magico oscillare dell’intero pianeta percorso dalle onde sismiche dei terremoti più energetici, alle imponenti guglie dolomitiche che all’improvviso rovinano con balzi di oltre mille metri sbriciolandosi in detriti minuti, a quello che accade sul fondo di un fiume in piena dove le colossali energie in gioco smuovono ogni volta milioni di metri cubi di ghiaie, sabbie e fanghi, alla turbolenta discesa rapidissima dal fianco di un vulcano di una nube ardente di gas, ceneri e lapilli incandescenti che da flusso di morte si trasforma, nel volgere di poche ore, in deposito dalle artistiche geometrie deposizionali, mirabili a vedersi al pari di una pittura rupestre.
Ecco dunque un ulteriore aspetto della Geologia da coltivare ad uso didattico: la “valenza artistica” di molti suoi prodotti, dalle geometrie deposizionali, a quelle deformative, alle erosive. Il tutto sempre finalizzato inizialmente a incuriosire, per poi aprire la strada all’approfondimento specifico degli effetti dai quali desumere le cause. Sarà compito dell’insegnante di Scienze, adeguandosi al tipo di classe, enfatizzare quelli che ritiene essere di volta in volta i grimaldelli didattici più idonei.
C’è un ultimo aspetto, anch’esso oggetto di approfondimento in questo contributo. Ogni scuola è radicata sul territorio di residenza dei propri studenti. E’ anche certo che ogni territorio – considerato d’estensione provinciale o regionale – presenta delle peculiarità geologiche che ricadono nei contenuti del programma di Scienze della Terra. Discutere, al momento opportuno, i caratteri del proprio territorio – spesso vari e molteplici – è un altro sicuro grimaldello didattico, capace di appassionare molti studenti, rendendoli fertili all’ascolto e alla comprensione, e di favorire la memorizzazione dei concetti di base tramite il loro riscontro concreto.
Tuttavia, questi presupposti grimaldelli – spero lodevoli nelle intenzioni – si scontrano sovente con la scarsa consuetudine a “trattare di geologia” degli insegnanti di Scienze, spesso penalizzati dalla propria frequente impostazione biologica. Io stesso, iniziando alla fine degli anni ’70 con l’insegnamento delle Scienze in un liceo, quando trattavo di Biologia tendevo a mantenermi entro binari precostituiti: il libro di testo! Per sopperire a tali carenze strutturali dieci anni fa nacque la SSIS, ora sostituita, parrebbe, da una specifica Laurea Magistrale, capace nelle intenzioni di colmare le conoscenze (enormi!) richieste agli insegnanti di Scienze.
Nella stessa direzione si orientano i corsi di aggiornamento locali che, qualora anch’essi didatticamente impostati, hanno l’indubbio vantaggio di suggerire il modo migliore per trasmettere agli studenti le valenze geologiche del proprio territorio. Questo obiettivo è perseguito anche dal Progetto Edu-Geo (www.edu-geo.it) che, in alternativa, porta – senza oneri aggiunti – insegnanti e studenti a osservare direttamente la geologia del loro territorio, puntando sul rapporto effetti-cause (dai dati alle interpretazioni, ragionando insieme sulle osservazioni).
Tutto questo al fine di precisare, ribadire e sottolineare l’armonioso procedere dei processi crostali e dei loro effetti, riassumibili nella circolarità di tre insiemi di dati (“si forma, si deforma, si modella”) capaci sinteticamente di gerarchizzare tutti gli innumerevoli processi che modificano incessantemente, ora come centinaia di milioni d’anni fa, il territorio che ci ospita.
Citazione
Venturini C., 2010 - Geologia, catastrofica armonia: grimaldelli didattici nelle Scienze della Terra. In: L. Menabue & G. Santoro (Eds), New trends in Science and Technology Education. Atti del Convegno, SSIS – Università di Modena e Reggio Emilia, Volume Abstract, 25.